“E’ dai tempi della scuola che sentiamo parlare di interdisciplinarietà o, per farla semplice, di collegamenti, di rimandi. Ci hanno insegnato che, anche a distanza di decenni, certe situazioni – soprattutto storiche, ce lo ricorda Vico – possono ripresentarsi, e che talvolta le tendenze letterarie subiscono gli influssi di ciò che è già stato. Insomma, ci ritroviamo spesso alla ricerca di un fil rouge, o semmai di qualcuno che ci narri di un’indagine – umana, esistenziale, filosofica, dunque letteraria. E di quest’indagine cosa potremmo dire? Che è compiuta da un soggetto scrivente, che è quasi sempre instancabile, talvolta vana, ma soprattutto che rincorre una qualche idea di verità – o anche un surrogato della stessa.
Proprio di verità e della sua investigazione (uso questo termine non a caso) potremo parlare in riferimento al ruolo dello scrittore. Cosa dovrebbe fare lo scrittore? E che ruolo ha la scrittura? “I romanzi mentono – non possono fare altrimenti – ma questa è solo una parte della storia. L’altra è che, mentendo, esprimono una strana verità, che può essere espressa solo se mascherata da quello che non è”, scrive Vargas Llosa, e dunque va da sé che una verità, da qualche parte, dovrà pur esserci. Se su Sciascia e sul nesso “letteratura-verità-realtà” ha disquisito parecchio – con la solita comprovata acutezza – Massimo Onofri, Antonina Nocera, autrice di un saggio mirabile dal titolo “Metafisica del sottosuolo” (Divergenze Edizioni), in un certo senso si spinge oltre muovendo proprio dalla scrittura”.
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