Le sanguinarie: donne, violenza, terrore.

Conserviamo un’idea sbagliata del ruolo delle donne nella società; ce le immaginiamo miti, consenzienti, legate in modo ancestrale a quell’idea di maternità che ci rassicura tanto. Raramente ci soffermiamo a pensare che anche loro sviluppano un lato oscuro che le rende, in molte occasioni, feroci e spietate quanto gli uomini. Forse anche più degli uomini. Ce lo spiega in modo chiaro e dettagliato Sofia Cecinini, autrice di un saggio illuminante edito dalla LUISS University Press: Le sanguinarie. Storie di donne e di terrore.

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L’obiettivo è quello di compiere un viaggio ideale intorno al mondo – dal Medio Oriente all’Europa agli Stati Uniti all’Asia – per conoscere più da vicino le donne terroriste, che non diventano tali solo per colpa degli uomini, ma sovente scelgono di spontanea volontà di intraprendere un percorso in linea con le proprie esigenze personali e con la propria ideologia.

Il protagonismo femminile non riguarda solo il terrorismo islamico, ma tutti i principali tipi di terrorismo, da quello marxista-leninista a quello anarchico e neofascista. Ideologie, religioni e bandiere diverse accomunate da un unico comun denominatore: la violenza.

Non siamo in grado di tracciare un profilo della terrorista-tipo, ma possiamo dire che le donne, all’interno di queste organizzazioni terroristiche, hanno svolto ruoli di primaria importanza: non solo martiri come la belga Muriel Degauque che si è fatta esplodere in Iraq contro una camionetta della polizia, ma anche reclutatrici come Malika el Aroud, leader operative come Mara Cagol, che oltre ad aver contribuito a dare forma alla direzione delle Brigate Rosse ha diretto anche il commando che fece evadere il coniuge dal carcere di Casale Monferrato. Ci sono visionarie strategiche come Susanna Ronconi, che si unì alle BR nel 1974 e partecipò alla pianificazione di diversi omicidi, uccidendo lei stessa cinque persone. Spostandoci in Spagna troviamo le terroriste del movimento ETA, in Germania le donne della banda Baader-Meinhof (RAF), le guerrigliere in America Latina e le Tigri Tamil nello Sri Lanka, per citarne solo alcune.

Sebbene alcuni gruppi abbiano obbligato e continuino ad obbligare le donne a prendere parte ad azioni violente e suicide, facendosi saltare in aria in luoghi affollati (come l’organizzazione jihadista nigeriana Boko Haram), questo saggio contribuisce a sfatare alcuni stereotipi dimostrando che anche le donne sono capaci di violenza e che soprattutto la scelgono, in modo totalmente libero, convinte, come i terroristi uomini, che le loro azioni abbiano scopi nobili.

La violenza come veicolo del bene comune: anche le donne sanno uccidere senza pentimento.

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L’autrice, Sofia Cecinini
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