L’autobiografismo di Lalla Romano

” “In testa un cappellino scuro, elegantissimo. Seduta lì in mezzo a quella calca mi fece pensare a una regina matronale, nordica, proveniente da un paese immaginario ma insieme terrestre. (…) Aveva già ottantadue anni ma era una vecchia ragazza, quella che stavo spiando”. Mario Fortunato ricorda così il suo primo incontro con Lalla Romano, donna riservata, schiva, piemontese di nascita e di indole, che tendeva a tenersi lontana dal clamore del mondo editoriale e intellettuale.

Da “La penombra che abbiamo attraversato” a “Ritorno a Ponte Stura”, la Romano fu scrittrice prolifica e grande narratrice per immagini, oltre che per parole. L’autobiografismo è l’elemento attorno al quale ruotano molti dei suoi scritti più famosi, compreso “Le parole tra noi leggere”, che esattamente cinquant’anni fa le valse il Premio Strega. La sua scrittura asciutta, compatta e senza sbavature, ritmica e, sul piano lessicale, economicamente severa, non accoglie sentimentalismi ma abbraccia la memoria nella sua totalità, trasformando i ricordi non in uno sterile tentativo di racconto autobiografico, ma in qualcosa di diverso, che scavalca senza difficoltà l’ostacolo dell’autobiografismo stesso”.

 

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Lalla Romano

 

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