“La bambina e il sognatore” di Dacia Maraini

“Stanno lì appoggiati alle portiere aspettando i figli, incapaci di capirli ma pronti a difenderli e covarli, a dispetto di ogni stupido maestro che pretende di insegnare loro a pensare con la propria testa”.

In una sola frase, estrapolata a circa metà romanzo, potrebbe racchiudersi tutto il senso del nuovo libro di Dacia Maraini La bambina e il sognatore (Rizzoli, 2016, pp. 411), una storia che, al di là della sottotraccia gialla di cui è arricchita, ruota interamente attorno ad un tema sempre attuale, specie al giorno d’oggi: l’insegnamento.

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Ma, si badi bene, è fondamentale non incappare nell’errore di considerare questo termine, “insegnamento”, in modo banale o superficiale. Perché qui abbiamo sì un maestro come protagonista, ma al di fuori dell’ambiente scolastico – che potrebbe, in qualche modo e misura, ricordare quello de L’attimo fuggente, trasposto nella contemporaneità nostrana – Nani Sapienza non smette di essere maestro di vita e alunno egli stesso, rintracciando elementi della realtà che, una volta rientrato in classe, sottopone agli allievi per insegnargli l’utilizzo di uno strumento basilare: lo spirito critico.

Nani Sapienza, maestro elementare nella cittadina di S. nel Sud d’Italia, è prima di tutto un padre che ha perduto la sua bambina, malata di leucemia. Dopo la scomparsa prematura della piccola Martina, anche sua moglie Anita ha lasciato il tetto coniugale, incapace di sopportare tanto dolore racchiuso in quelle mura.

Sarà frutto della disperazione, dunque, il pensiero ossessivo che si è fatto strada nel maestro Sapienza (di nome e di fatto) non appena ha appreso della scomparsa di una bambina dal cappotto rosso (che ricorda moltissimo la bambina di Schindler’s List) di nome Lucia? La piccola allieva dell’istituto dove insegna Nani è scomparsa in una fredda mattina lungo il tragitto – pochi metri – che l’avrebbe portata a scuola.

Da quel momento in avanti il maestro Sapienza, in una inconsapevole e affannosa ricerca delle tracce di sua figlia – che si presenta, a sua volta, come ricerca della verità del mondo, delle meccaniche di un Universo troppo grande per l’Uomo e ricco di microcosmi che si incastrano fra di loro, si scontrano e si incontrano, sparsi per la Terra – scoprirà la vasta realtà dell’infanzia violata, in cui il suo desiderio di paternità negata diverrà ancora più forte.

Il romanzo si presenta ricco di spunti di riflessione, partendo da alcuni elementi chiave che catturano fin da subito l’attenzione del lettore.

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Dacia Maraini e Filippo La Porta al Futura Festival

La base: il rapporto fra il maestro e i suoi alunni.

Sapienza potrebbe porsi a metà strada fra il professor Keating de L’attimo fuggente e il più classico insegnante della letteratura nostrana – torna alla mente Il maestro di Vigevano di Mastronardi, per dirne uno.

La bellezza de La bambina e il sognatore, tanto per cominciare, sta proprio qui, nel fatto che sembra ricoprire quella terra di mezzo – terra di nessuno, forse – tra il passato e il presente, tra quell’atmosfera letteraria, antica, piacevolmente rarefatta, della migliore tradizione letteraria (a cui la Maraini appartiene) e la brutalità, fors’anche la crudezza, a cui i tempi moderni ci costringono.

Nani, in continua lotta con se stesso e con l’uccellaccio che gli fa da alter ego, è, anche nei metodi d’insegnamento, tanto innovativo quanto classico: sa coniugare la contingenza della realtà, la sua stessa urgenza e gravosità, con la tradizione culturale a 360 gradi, spiegando ai suoi alunni i fatti di cronaca – la scomparsa della piccola Lucia, per l’appunto – tramite le fiabe dei fratelli Grimm, i miti greci e latini, le leggende della letteratura europea.

Nani fa della Letteratura uno strumento con cui spiegare il mondo ai piccoli allievi, sottolineando l’importanza della Cultura come specchio della realtà e non astrazione metafisica o fantastica. I bambini, che in qualche modo diventano sfaccettature di un’unica entità, parti in fase di sviluppo della materia adulta, sono la base da cui partire – e ri-partire – per modellare lo spirito critico dell’uomo che verrà.

“Pensare con la propria testa”, questa è la frase che Nani si ripete ogni giorno e che cerca di insegnare ai suoi piccoli detective.

Già, perché alcuni di loro, uno su tutti Francesco, assumono il ruolo di investigatori amatoriali rispetto alla vicenda di Lucia Treggiani. Sarà proprio lui, Francesco, ad aiutare Nani nella ricerca della bambina scomparsa, dimostrando un’intelligenza e un intuito degni del più fine intellettuale – frutto degli insegnamenti del Sapienza o, forse, Francesco altro non è che la personificazione della parte razionale dell’emotivo Nani?

Altro punto essenziale del romanzo: la questione islamica. Chiaramente, lo spunto parte dai recenti fatti, gli attentati terroristici da parte dell’ISIS. Interessante è l’analisi che Dacia Maraini fa di quella che molti, forse per comodità, forse per superficialità o ignoranza, liquidano come “guerra tra civiltà”, quella occidentale e quella islamica.

“«L’estremismo sembra essere sbocciato come un fiore nuovo. Un fiore velenoso, ma per molti profumato e bellissimo. Questa la seduzione a cui soccombono in tanti, soprattutto i giovani. Alcuni fratelli maggiori di questi nostri alunni sono partiti per le regioni del Califfato. (…)»”

Un paio di alunni del Sapienza sono di religione musulmana e, durante le ricerche, lo stesso maestro si imbatte in situazioni che gli aprono scenari interessanti dal punto di vista conoscitivo: centrale il dialogo tra Nani e Mohamed Adjiani, medico nigeriano dell’ospedale regionale.

Il discorso è chiaro: non esiste un Islam moderato, né si tratta di buona o cattiva integrazione, piuttosto gli atti dei terroristi altro non sono che il riflesso di un odio che nasce proprio dall’Europa, da quell’Occidente che tanto predica libertà e democrazia.

“Sono proprio quei ragazzi che hanno studiato nelle vostre scuole, che hanno assorbito il principio di libertà, la libertà dal giudizio divino, che oggi sequestrano, rubano, ricattano e umiliano pubblicamente il nemico. Ma quelle bandiere nere sono lì a sventolare prima di tutto contro di noi, gli islamici veri, quelli che davvero hanno letto il Corano e sanno quanta saggezza, quanta pace e arte della convivenza c’è dentro”.

Questo concetto, relativo allo scontro fra civiltà che in realtà colpisce prima di tutto gli islamici stessi, Dacia Maraini l’aveva già espresso nell’intervista rilasciata a Stefano Giovinazzo e Alessandra Stoppini e racchiusa nel libretto Il volto delle donne. Conversazione con Dacia Maraini (Edizioni della Sera, 2010).

La paura dell’Islam – spiega l’autrice – è qualcosa di viscerale e investe, in primis, il fattore identità. Identità che, a partire dal mondo occidentale, si confonde sempre di più, annegando nell’incertezza della contemporaneità.

È proprio questo il ruolo di Nani, aiutare i suoi allievi a scoprire la loro identità, la loro natura di animali razionali e critici, nel senso più classico del termine (dal greco κρὶνω, “distinguo” dunque “analizzo”).

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Con Dacia Maraini al Futura Festival

La bambina e il sognatore è certamente il prodotto succulento e traboccante di interrogativi di un’autrice che guarda al futuro, tenendo conto del presente e senza dimenticare il passato. I bambini tornano al centro della scena, diventano la chiave attraverso cui conoscere il mondo, interpretarlo e dare un senso al reale.

Come accade anche ne L’addio di Antonio Moresco, nell’ultimo romanzo della Maraini assistiamo al connubio fra l’età adulta e quella dell’infanzia, in cui tutto si mescola fino a diventare un unico bulbo, da cui sboccerà il fiore della sapienza.

Dacia Maraini dimostra, di fatto, di essere un baluardo del Novecento letterario, la cui grandezza è racchiusa nella semplicità di una forma stilistica che annuncia tematiche scottanti e quanto mai attuali.

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4 Comments

  1. Ciao Giulia, lo ammetto, mi vergogno, ma non conosco l’autrice. Oddio, non è che non l’abbia mai sentita nominare, ma non ho mai letto nessun libro scritto da lei. Credo proprio di essere in grave difetto e anche grazie alla tua recensione devo rimediare. Ti farò sapere, a presto e un abbraccio

  2. Va bene che vuoi farti notare, va bene pure che se una convinta sostenitrice di Dacia Maraini ( tutti i radical chic lo sono), ma considerare Oriana Fallaci. “superficiale” e “ignorante” mi sembra esagerato. Non trovi?

    Ma il dolore non ha una bandiera
    di Dacia Maraini
    Cara Oriana, ho sempre ammirato la tua sincerità, il tuo coraggio. Sono stata contenta di vedere di nuovo la tua firma sul Corriere : finalmente Oriana Fallaci torna a battagliare come è nel suo carattere, mi sono detta. Bentornata in Italia! Leggendo il tuo lungo e appassionato articolo però devo dirti che l’ammirazione per il tuo coraggio si è trasformata presto in allarme per la tua incoscienza. Proprio nel momento in cui tutti, dal Papa al presidente degli Stati Uniti, cercano di distinguere fra cultura islamica e terrorismo, proprio in questa circostanza così delicata e grave per il futuro del mondo, tu te la prendi con chi non è pronto a buttarsi in una guerra di religione. Per te chi distingue fra terrorismo e Islam è un ipocrita, un «fottuto» intellettuale, meschino e spocchioso. Con questo criterio anche il Papa sarebbe un ipocrita e che dire del presidente Bush, che altrove esalti con tanta commozione? Subito dopo l’eccidio Bush è andato a visitare una moschea, l’avrai visto anche tu. Cos’è, anche lui un politico che tu metti fra i farisei e gli impostori?

    «Abituati come siete al doppio gioco, accecati come siete dalla miopia, non capite e non volete capire che qui è in atto una guerra di religione»… tu scrivi con invidiabile piglio militaresco. «Una guerra che non mira alla conquista del nostro territorio ma alla conquista delle nostre anime. Alla scomparsa della nostra libertà e della nostra civiltà. All’annientamento del nostro modo di vivere e di morire, del nostro modo di pregare o non pregare, del nostro modo di mangiare e bere e vestirci e divertirci e informarci. Non capite o non volete capire che se non ci si oppone, se non ci si difende, se non si combatte, la Jihad vincerà…».
    E distruggerà il mondo che bene o male siamo riusciti a costruire, a cambiare, a migliorare, a rendere un po’ più intelligente, cioè meno bigotto o addirittura non bigotto. E con quello distruggerà la nostra cultura, la nostra arte, la nostra scienza, la nostra morale, i nostri valori, i nostri piaceri…».
    ***
    Tratto dal Corriere della Sera del 5 ottobre 2001

    Se solo l’avessero ascoltata…

    1. Caro Paolo, evidentemente di me hai letto solo questa recensione. E va benissimo così. Peccato che io sia – nonostante la valanga di critiche che mi sono state mosse – una grande sostenitrice di Oriana Fallaci, e abbia studiato su molti dei suoi testi. Perché Oriana Fallaci non è solo quella de La rabbia e l’orgoglio, né soltanto quella de La forza della ragione. Ma è molto altro. Quindi, il capitolo Oriana, ben più complesso, non merita certo di essere “liquidato” con un commento a mio avviso così semplicistico. La recensione trascrive semplicemente ciò che è contenuto all’interno del libro della Maraini, le sue idee. Sì può essere d’accordo o meno, ma quello c’è scritto. E tant’è. Non sono una radical chic, per il semplice fatto che non sono nulla se non una persona che dice la propria su testi che apprezza. Troverai, proprio in questo blog così come nel mio profilo FB o nel blog precedente a questo (www.sequestoèunlibro.blogspot.com) che ancora è aperto, vari articoli in cui parlo delle mie idee rispetto alla Fallaci. E ripeto, queste trascritte nella recensione sono idee della Maraini, che io riporto come analisi delle sue idee.
      In quanto alla voglia di farsi notare…beh, ho avuto altri modi ben più “efficaci” per farlo, non certo con una singola recensione come ce ne sono tante.
      Buona giornata e grazie per il tempo speso nella lettura.

  3. Bellissima recensione! Ho letto recentemente la Nave per Kobe di Dacia Maraini e mi ha conquistata. Sono davvero curiosa di provare a leggere altre sue opere e la tua recensione direi che mi ha convinta. Grazie mille 🙂

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