Dopo il successo di Cazzimma (Mondadori, 2014), torna in libreria con un nuovo romanzo, dal ritmo serrato e dai toni schietti e avvincenti, che catturano il lettore e lo tengono incollato alla pagina.
Sto parlando di Stefano Crupi e del suo ultimo lavoro A ogni santo la sua candela (Mondadori, 2016), un romanzo che non lascia scampo, mentre indaga la nostra realtà quotidiana con piglio deciso e puntuale.
Crupi ci rende spettatori dell’ascesa di Ernesto, giovane e bel protagonista di A ogni santo la sua candela, laureato in economia e bramoso di riscattarsi socialmente. Maristella, madre sfrontata e pronta a qualsiasi cosa per aiutare il figlio, sarà la guida di Ernesto, l’ombra che lo accompagnerà passo dopo passo e che gli indicherà i “santi” giusti a cui accodarsi – santi, per la verità, assai terreni.
L’emancipazione dalle umili origini per Ernesto si trasformerà in un pericoloso gioco, un meccanismo in cui è difficile districarsi senza inciampare e da cui è difficile uscire indenni. I favori, i regali sottobanco, le minacce, la corruzione, lo porteranno fin quasi a toccare i vertici dell’azienda in cui ha trovato lavoro, ma chissà che tutto questo, prima o poi, non gli si ritorcerà contro.
Per sapere qualcosa in più sul romanzo potete leggere la mia recensione su Sololibri, ma ora scambiamo quattro chiacchiere con l’autore, Stefano Crupi.
- Da dove nasce l’idea – o forse sarebbe più corretto parlare di esigenza – di scrivere un libro come A ogni santo la sua candela?
Nasce dalla mia esperienza lavorativa decennale presso un ente pubblico. Ho accumulato parecchio materiale in quel tempo e buttato giù diversi inizi, poi alla fine ho capito cosa volevo davvero raccontare: una mentalità e come questa attecchisca soprattutto fra i più giovani.
- Tocchi un tema a dir poco scottante, perché descrivi l’ascesa lavorativa di un giovane come Ernesto, che riesce ad arrivare ai vertici della società in cui lavora grazie ad una serie di aiuti, regali sottobanco e minacce. Insomma, grazie a questi famosi “santi terreni” e alla corruzione. E non è certo una realtà che riguarda solo Napoli, dove è ambientato il romanzo.
Il romanzo è ambientato a Napoli, ma poteva svolgersi anche altrove: a Roma come a Milano, a Torino, ovunque in Italia. Purtroppo è così, non basta essere bravi, meritevoli, per farsi strada, è necessario sempre conoscere le persone giuste che possano farti accedere attraverso ingressi che altrimenti ti sarebbero preclusi.
- Quanti giovani, al giorno d’oggi, credi si comportino, o vorrebbero comportarsi, allo stesso modo di Ernesto? Quali credi che siano le loro prospettive? Quali le possibilità per far carriera?
Ernesto è l’eccesso, è un ragazzo estremamente determinato e aggressivo, molti ragazzi la pensano come lui ma difficilmente arriverebbero a comportarsi nel suo stesso modo. D’altronde lui è il protagonista di un romanzo.
- L’altra grande protagonista di questo romanzo è Maristella, madre di Ernesto nonché sua “collaboratrice” stretta. È proprio lei a scovare i santi giusti dietro cui accodarsi, a cui chiedere aiuto. Che tipo di donna è Maristella? Come la definiresti in una parola e perché.
È una donna avvolgente. Che agisce a fin di bene perché ama il figlio e vuole per lui il meglio. Ha una grande capacità di adattamento alla realtà, un istinto che le fa scegliere sempre la strada migliore senza alcun freno morale. È tutto il contrario di una idealista, una donna pratica e calcolatrice, pure se a spingerla è il sentimento.
- Impossibile non notare – dopotutto il titolo del romanzo gioca un ruolo importante in tal senso – il riferimento alla sfera religiosa. Generalmente sappiamo che quasi tutti i componenti degli ambienti mafiosi sono molto religiosi, hanno sempre un’immagine sacra a cui rivolgere le loro preghiere. Che tipo di ruolo ha la religione in questo senso? Perché sembra essere una componente così importante?
Sono sempre rimasto colpito da questo paradosso: le statue di Padre Pio nelle case dei boss di camorra, i loro crocifissi. La religione per questi uomini è erroneamente confusa con la sfera del potere. Sono talmente ambiziosi e spregiudicati da credersi vicino alla santità anche quando compiono le peggiori nefandezze.
- Cito un paio di frasi tratte dal romanzo, mi piacerebbe che tu le commentassi.
“D’altronde cos’altro potrei fare? Sono una madre e le madri lo sanno bene che i figli, prima o poi, ritornano sempre. (…) alla fine capiscono – tutti – che non potranno trovare nulla che anche solo possa eguagliare l’amore incondizionato di chi ha dato loro la vita”.
L’amore che una madre prova verso il proprio figlio è l’amore più grande su questa terra, tanto più che è un amore non perfettamente corrisposto: i figli non amano le madri allo stesso modo, con la stessa intensità. Eppure tornano da loro, perché sanno che quello è un porto sicuro, il più sicuro di tutti.
- E poi:
“Il mondo lì fuori è terribile. (…) Si vive in balia degli eventi. Però non devi avere mai paura degli imbrogli, neanche adesso, perché sono la lingua ufficiale di chi comanda, di chi ha il potere”.
Chi si tiene lontano dagli imbrogli, chi si professa idealista, non occuperà mai una posizione di potere, perché per farlo devi avere i peli sul cuore, non avere scrupoli, è la regola alla base di questa selezione darwiniana, non si scappa.
- Hai la possibilità di offrire ai nostri lettori tre buoni motivi per cui leggere il tuo romanzo.
È un romanzo avvolgente come Maristella, spietato come Ernesto, elegante come Malatesta, l’uomo che tutto vede e comanda.
- Che tipo di rapporto hai con la scrittura? Sofferto, diretto, incostante, continuo…
Sono un lettore appassionato prima di tutto, la scrittura arriva di conseguenza. Scrivo da anni e lo faccio tutti i giorni, anche se non sono molto prolifico perché estremamente perfezionista. Riscrivo tante volte perché voglio che la mia scrittura abbia ritmo, che proceda a cento all’ora senza alcun intoppo, quindi lavoro molto sulla fluidità delle frasi. I miei romanzi sono blocchi di granito che piano piano prendono forma attraverso un’opera che ha bisogno del tempo giusto per essere ragionata e liberata.
- Confesso che leggendo il tuo romanzo, nonostante sia fortemente attuale, mi sono tornati in mente i grandi classici dell’Otto e Novecento. Non so, penso a Dostoevskij e alle sue rappresentazioni della miseria umana, penso a Svevo e a Gonĉarov rispetto al tema del lavoro. La grande Letteratura del passato ti è stata d’aiuto in tal senso?
Gli autori che hai nominato sono i miei autori preferiti. Aggiungi Cechov, Kafka e Gogol’ e avrai un quadro preciso di ciò che leggo più spesso e che amo ogni volta di più. Esiste però anche una tradizione tutta italiana che ha raccontato gli impiegati. Oltre a Svevo che hai nominato penso a De Marchi, Vassallo, Pirandello, Cerami.
- Ed infine, un libro che consiglieresti a tutti di leggere, ma soprattutto ai giovani di oggi, belli e ambiziosi come Ernesto, magari.
Consiglio Nemesi di Philiph Roth, ma sono convinto che Ernesto lo abbandonerebbe dopo una decina di pagine.
Se siete curiosi di scoprire, e visitare virtualmente, i luoghi di Napoli descritti in A ogni santo la sua candela potete scaricare l’app di Cityteller o andare su www.cityteller.it .