Quarto appuntamento con “Book Influencer a chi?”, la rubrica con cui cercherò di presentarvi alcuni profili di blogger meritevoli – con i loro punti di forza e i loro punti deboli, i loro gusti e le loro manie – e soprattutto cercheremo, insieme, di dimostrare che ciò che li muove è innanzitutto una passione, quella per i libri.
Non sono tutti uguali: c’è chi punta di più sul blog e chi punta di più sui social, chi si diletta a consigliare solo classici e chi invece, di classici, non si occupa proprio. C’è chi vuole puntare l’attenzione sui libri scritti da donne, chi ama soprattutto gialli e romanzi storici, chi non legge autori autopubblicati e chi si occupa prevalentemente di saggistica. Ciò che conta, in ogni caso, è che in questa varietà nessuno tratta la materia letteraria con superficialità. Opinioni, riflessioni, giudizi dettati dal gusto personale: niente viene lasciato al caso.
E se poi parlare di libri, fotografarli, scriverne e consigliarli diventa un reato, beh, ce lo faranno sapere. Nel frattempo, visto che i libri sono fatti per essere comprati e letti, noi ci mettiamo del nostro. Dopotutto, molti sono gli editori, gli uffici stampa, gli scrittori e soprattutto i lettori che hanno deciso di dare credito a questa categoria. Forse, sarebbe il caso di cominciare a capire il perché.
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Questa volta parliamo del blog “Tegamini” e della ricca e accurata attività di Francesca Crescentini, ideatrice del suddetto lit-blog.
INTERVISTA A FRANCESCA CRESCENTINI, TEGAMINI
- Chi è Francesca Crescentini, in arte “Tegamini”? Descrivi te stessa e il tuo blog utilizzando tre aggettivi – e ovviamente motivando la risposta.
Buffa. Disordinata. Curiosa.
Forse “goffa” è meglio. Perché se dici che sei buffa poi ti trattano come il pesce pagliaccio che deve per forza raccontare una barzelletta. L’esser buffi ha una componente involontaria e incontrollabile. La comicità ha un impianto, essere buffi è più una forma di autolesionismo.
Disordinata. Ma nel senso che nel mio disordine non trovo tutto. Sono disordinata sia a livello materiale – perché adoro gli oggetti e mi attacco un treno di significati e di ricordi anche al sasso più anonimo di un intero litorale di sassi anonimi – che operativo – perché lotto eternamente col tempo… e creare un’impalcatura metodologica solida e funzionale è l’operazione che richiede in assoluto più tempo.
Curiosa si capisce anche senza spiegotto, credo.
Queste tre impagabili caratteristiche azzoppano anche il blog e Instagram per forza di cose. Quando imposti i tuoi “contenitori” online come dei diari, tutto quanto finisce per somigliarti molto. C’è tanta roba – sistematizzata un po’ sì e un po’ no – che si accumula per slancio e felici ossessioni.
- Qual è la caratteristica principale del tuo blog? Quali sono le linee che hai scelto di seguire quando l’hai aperto? Facci un piccolo riassunto di come e quando nasce.
Il blog è nato ormai dieci anni fa, quando sono approdata a Torino con la tesi della specialistica ancora da scrivere. Il magico percorso accademico prevedeva anche uno stage semestrale e sono riuscita in qualche modo a convincere l’Einaudi a farmi lavorare da loro al marketing. Pasticciavo su internet già da parecchio, ma è stato l’ingresso nel mondo delle persone cresciute, forse, a farmi venire voglia di ristrutturare il blog e di dargli l’impronta che continua a conservare. Erano tempi di feedback scarsi, di grandi esperimenti e di vaste cronache dei fatti propri. “Tegamini” è nato come diario, contenitore imprevedibile, wunderkammer virtuale – visto che nei vari monolocali che ho occupato non ci sarebbe mai stato abbastanza posto per averne una vera – e campo base per pensieri, scoperte e peripezie. Al blog, nel tempo, si sono affiancati altri canali, ma l’approccio non è cambiato un granché. Ci si domanda quel che si può raccontare (e perché si dovrebbe farlo) su una determinata piattaforma e la si affronta di conseguenza. Sono, in estrema sintesi, una compilatrice tentacolare di diari, un’osservatrice un po’ sghemba, una collezionista di meraviglie e una che scrive.
- Quali sono, secondo te, gli elementi che fanno di un blogger un BUON blogger?
Una voce riconoscibile. Un solido senso della realtà – potente antidoto contro le chimere della megalomania. Un’attitudine spiccata al confronto e all’ascolto. La consapevolezza che quello che ricevi – in termini di partecipazione, sostegno e attenzione da parte del prossimo – non ti è “dovuto”, ma andrebbe classificato come un effetto collaterale assai positivo della cura, dell’impegno e della costanza che ci metti. Un coriaceo senso di responsabilità – che viaggia a braccetto con l’idea di doversi prendere cura degli spazi più o meno virtuali che abitiamo e riempiamo con le nostre parole, le nostre immagini e le nostre interazioni. E qualcosa da dire, magari. Possibilmente qualcosa di significativo. Perché la gente vaga online alla ricerca di contenuti? Perché vuole essere intrattenuta o informata, secondo me. Voglio farlo pure io? Favola. Ma devo trovare un “posizionamento” che assecondi i miei talenti e le mie capacità, risultando in qualche modo rilevante per i potenziali lettori/ascoltatori/utenti.
- Cosa rappresentano i libri nella tua vita e nel tuo percorso di blogger?
Dirò una roba di un’originalità sfavillante: sono sempre stata una lettrice. Col passare degli anni, però, i libri sono anche diventati materiale accademico e professionale – anche quando facevo “altro”, avevo comunque un’identità alternativa da piccolo supereroe editoriale. Se vogliamo ricapitolare, il famoso stage è andato a finire bene e sono rimasta a Torino per quasi cinque anni, ho letto manoscritti per la narrativa straniera per un altro gruppo editoriale e ho cominciato a tradurre per Salani. Ora traduco in vestaglia a casa mia e da tre anni, incredibile ma vero, c’è gente che mi paga per inventare i contenuti più disparati sui miei canali. I libri ci sono sempre. Sono il mio lavoro da dieci anni e sono inevitabilmente un pezzettone fondamentale di quello che racconto online. Perché online va a finire, soprattutto, la parte più “utile” e curiosa di me.
- Come ti rapporti al pubblico dei tuoi lettori?
Come a dei compagni d’avventura che hanno macinato parecchia strada insieme a me. Perché è quello che abbiamo fatto, alla fine della fiera. Resiste ancora un po’ l’idea che ci sia, da una parte, una persona che sforna “roba” online e, dall’altra, un pubblico che sta lì a sorbirsi tutto quanto senza esercitare un particolare spirito critico (o il sacrosanto diritto di abbandonare la nave). Al di là dell’indubbio sostegno e del vasto affetto che ti arriva tutti i giorni, quello che si crea è una relazione. Lo scambio non sarà mai perfettamente simmetrico – proprio per motivazioni numeriche, anche -, ma molto di quello che succede è possibile solo perché ci siamo ascoltati, ci siamo capiti e ci siamo raccontati, negli anni, una quantità sterminata di cose. Nutro un profondo rispetto per chi ha la pazienza di ascoltarmi o di leggermi e sono molto grata a loro perché mi pigliano così come sono (vestaglia compresa) e mi permettono di continuare a fare quello che amo. Quello che percepisco io è di trovarmi in uno spazio amico… e la libertà e la tranquillità che ne conseguono sono impagabili. Può sembrare una cretinata stucchevole, ma ho passato buona parte della mia gioventù a crucciarmi perché non mi sembrava mai di poter parlare di quello che mi stava a cuore con le persone che avevo vicino. Ecco, forse bastava cambiare prospettiva… e allargare un po’ il raggio, quando sono apparsi strumenti “utili” allo scopo.

- Cos’è, per te, un “buon libro”? Quali sono gli ingredienti che lo rendono tale?
Ci si appassiona spesso a quello che ci somiglia. Ma i libri, per me, sono anche un esercizio di distanza. Amo farmi raccontare quello che non vedo o che non sospetto che esista. O mi aspetto che un buon libro mi mostri quello che da sola non intuirò mai con la medesima precisione o sensibilità – per quanto banale possa essere il grande tema di partenza. Hai un orizzonte? Bene, ma c’è dell’altro? C’è quasi sempre dell’altro – più lontano o più in profondità. Un buon libro è un veicolo che ti ci può portare… ma con una vocetta del navigatore molto meno stereotipata. Perché un buon libro non si occupa solo della meta, ma anche delle parole che servono per rendere efficace l’immaginazione.
- So che è una domanda superflua e al contempo difficile, ma: autore e libro preferiti?
Non rispondo mai a questa domanda. Un po’ perché presuppone uno sforzo cognitivo senza speranza e un po’ perché non voglio vivere nel rimpianto di aver tralasciato qualcosa. Perdonami. Non è spocchia – ah, la mia cultura è così sterminata da non consentirmi di scegliere! – ma proprio pigrizia e scarsa attitudine classificatoria.
- Sui book blogger, bookstagrammer e book influencer se ne dicono di ogni: qual è la critica che, ad oggi, reputi la più errata?
Credo ci sia uno sconfinato sistema di baggianate che si rinforzano vicendevolmente. Si va dalla questione dell’autorità e dell’autorevolezza – “chi vi ha dato il diritto di occuparvene” più “ma perché mai dovrebbero starvi a sentire” – alla convinzione che l’esistenza di qualcuno che parla di libri su Instagram attenti alla professione giornalistica, passando per le dispute sull’efficacia – “voglio proprio vedere se questi quattro cialtroni fan vendere di più!”. Uno dei fraintendimenti più radicati, figli di una coriacea volontà di non volersi avvicinare a un fenomeno per capirlo meglio, è il problemone delle “cose belle” che, visto che son belle, non possono essere anche intelligenti, brillanti, approfondite. Ogni canale ha un suo sistema di linguaggi e di regole base di funzionamento. Il suo alfabeto. Con l’alfabeto si possono generare parecchie combinazioni e trovare innumerevoli soluzioni espressive, ma sempre con quei segni condivisi dovremo lavorare – se non lo vogliamo fare, ci conviene migrare in un luogo a noi più congeniale, a livello di mattoncini costitutivi. Prendere per i fondelli qualcuno che su Instagram fa delle belle foto – anche dei libri, pensa un po’ – è un po’ come sfottere Federer perché fa bene il rovescio. Ciao, Roger, sei esperienza religiosa. Magari il mio Instagram fosse come il tuo rovescio.
Se ci facciamo caso, la maggior parte delle lenzuolate contro influencer e content creator – di ogni ambito – arrivano da media che rispondono a un modello differente. Nessuno qua si spaccia per critico letterario. Nessuno qua vuole usurpare posizioni più o meno faticosamente guadagnate. L’aspetto divertente è che “noi” siamo fruitori di quel tipo di materiali e, molto spesso, rappresentiamo l’unico tramite tra quel mondo e un pubblico che consuma contenuti ben lontani. Se posso far arrivare dei libri a una fetta di pubblico che di libri difficilmente sentirebbe parlare altrove, ben venga. Mi sembra un gioco che genera solo esternalità positive e, soprattutto, non discrimina tra pubblico “alto” e pubblico “basso”. Ci lamentiamo da millenni perché non ci sono abbastanza lettori ma, quando si presenta l’opportunità di portare i libri in un contesto che potrebbe raccattarne di nuovi, raccontando la lettura come qualcosa di normale, quotidiano, possibile, si grida allo svilimento del libro o alla semplificazione. Non è detto, anzi. Nel nostro piccolo, facciamo “divulgazione”. Un po’ scanzonata e informale, magari, ma siamo comunque un ponte che andrebbe difeso e rinforzato, perché “far leggere” è uno scopo comune e prezioso.
- Parliamo infine del profilo Instagram. Quanto tempo investi nella cura del profilo? Quali sono, un po’ come per il blog, le tue linee guida? Ed infine: “immagine vs contenuto” o “immagine + contenuto”?
Instagram è un lavoro costante. Faccio anche fatica a misurare il “quanto ci metto” perché è un continuo mettercene. Sul blog finiscono i pezzi più lunghi – che si tratti di libri o di roba che ho voglia di scrivere per spiegarmi da sola qualcosa di complicato o importante – mentre Instagram è il contenitore-diario che racconta quel che combino/scopro/amo quotidianamente. Ci sono le Stories, il feed, i commenti da gestire, la fitta selva dei DM… nel mio caso, visto che sono sempre stata e continuerò ad essere un profilo che parla di tanti temi diversi, uno degli sforzi maggiori è garantire un certo bilanciamento tra gli argomenti. Visto che il tema è sentito (sia da me che dalla community) mi sono ripromessa di sfornare almeno un contenuto libresco al giorno – che si tratti di una mini recensione nella gallery, della cronaca dell’ascolto di un audiolibro nelle Stories o di un post nuovo sul blog. Sulla scelta “immagine/contenuto” mi verrebbe da osservare che l’immagine è una componente del contenuto, ma è perché mi piace pensare che, se c’è anche dello spazio per scrivere una didascalia, quella didascalia lì dovrà pur comunicare qualcosa che amplifichi il significato e il potenziale dell’immagine.

Potete trovarla su Instagram come:
@tegamini