In un breve capolavoro di sole 135 pagine, Sándor Márai è riuscito a concentrare il dolore di un addio, l’inquietudine di un’attesa e l’amarezza di un ritrovarsi senza sapere più chi si è e cosa si vuole.
Potete leggere la mia recensione al libro “L’eredità di Eszter” di Sándor Márai andando sul sito Sololibri.net:
Classe (tanta) 1989, specializzata in Filologia moderna (con lode, mica cotica) all'Università degli Studi di Macerata, collaboro con Il Messaggero e Il Foglio. Ho pubblicato a febbraio 2018 "Book blogger. Scrivere di libri in Rete: dove, come, perché" con Franco Cesati Editore.
Seguo un progetto dal titolo "Surfing on books": corsi singoli o laboratoriali di book blogging e promozione (nonché istigazione) della lettura nelle scuole superiori di primo e secondo grado di numerose città italiane.
Faccio poca polemica, mangio tanto e do fastidio.
Mostra tutti gli articoli di Giulia Ciarapica
2 Comments
Di lui ho letto solo Le braci.
All’inizio mi sembrava che il suo stile fosse troppo lento, troppo “classico”.
Poi però ho capito che forse la sua raffinatezza stava proprio in questo, come nel caso di Stefan Sweig, con un’eleganza che trasporta in un’altra epoca.
Mi piacerebbe leggere anche questo.
Di lui ho letto solo Le braci.
All’inizio mi sembrava che il suo stile fosse troppo lento, troppo “classico”.
Poi però ho capito che forse la sua raffinatezza stava proprio in questo, come nel caso di Stefan Sweig, con un’eleganza che trasporta in un’altra epoca.
Mi piacerebbe leggere anche questo.
D’accordissimo anche su Zweig 🙂